Per gli investitori professionali l’investimento privo di rischio identifica quei titoli di credito di cui si assume che il rimborso sia certo. Essi remunerano in funzione del rendimento marginale del capitale, senza – appunto – alcun premio per il rischio. Costituiscono pertanto il parametro per valutare, mediante il confronto dei rendimenti, quanto premio per il rischio – e dunque quanto rischio – vi sia nei titoli di cui il rimborso è meno certo. Nella prassi si tratta per lo più di titoli di stato classificati al massimo rating e/o a breve termine.
Così, in tempi normali, nella vulgata del risparmiatore l’investimento privo di rischio è stato inteso come quello che rende magari poco ma sul quale, almeno, non si perde. Quello che, in futuro, non ti può presentare il segno meno. Ed è stato identificato più o meno correttamente nei Bot, nei titoli di stato tedeschi o statunitensi, nelle obbligazioni della propria banca, nelle polizze assicurative, eccetera.
Ovvio l’interesse di banche, assicurazioni – ma anche degli stati sovrani – ad essere percepiti nella categoria “risk free”.
Dopo la crisi del 2008, il mese di Agosto che abbiamo alle spalle – e che sembra non essere ancora finito – ha dato un altro duro colpo alle certezze dei risparmiatori. Portafogli di investimento costruiti con buon senso, contenenti solo titoli fino ad oggi al di sopra del sospetto di costituire scelte avventurose o incaute, hanno registrato in pochi giorni perdite anche superiori al dieci per cento.
Portafogli con ampie esposizioni azionarie – lo sono assai spesso quelli costruiti con versamenti periodici – hanno registrato perdite ancor superiori.
Per fortuna – ma sarebbe meglio dire per sfortuna – tanti prodotti di investimento sono complessi, lenti e reticenti nel trasmettere informazioni sul proprio andamento e sul proprio vero rischio. Se ai più fosse possibile leggere attraverso il cumulo di prospetti e rendiconti delle polizze a capitalizzazione, delle index linked, dei piani d’accumulo su unit linked vendute come mediazione tra gli alti ed i bassi del mercato… beh… i risparmiatori preoccupati sarebbero assai di più.
Con questo non si vuole fare allarmismo. E’ tuttora assai probabile che buona parte del denaro investito ritorni indietro. Se non in termini di valore reale, almeno in termini di valori nominali.
Tuttavia se era vero anche ieri che molti investitori e risparmiatori prendono rischi che non conoscono, oggi lo è ancora di più.
La realtà che si afferma oggi nel mondo degli investimenti finanziari è che le attività prive di rischio – almeno nel senso in cui le intende l’uomo della strada – non esistono più.
I titoli di stato a brevissimo termine non coprono l’inflazione corrente. Quelli a medio e lungo termine sono esposti a bruschi cali di prezzo. Non solo quelle dei Paesi deboli, nei momenti in cui si teme una crisi. Anche quelle dei Paesi forti, nel momento in cui i timori di crisi si allontanassero. I titoli tedeschi ed i loro consimili hanno raggiunto infatti prezzi altissimi, cui corrisponde una remunerazione talmente bassa da giustificarsi solo con il terrore del futuro. Se la tensione dovesse allentarsi il capitombolo sarebbe certo.
Lo stesso si può dire per l’oro, che anche nei decenni passati ha conosciuto brusche correzioni.
Le valute forti possono anch’esse cambiare trend. Non solo per effetto dell’allentarsi della tensione ma anche per gli interventi delle banche centrali che desiderano proteggere i propri esportatori. La Svizzera ha rispolverato qualche giorno fa un’arma lasciata da tempo in soffitta dalle banche centrali, un brutale intervento sul mercato che ha provocato un calo del franco svizzero di oltre otto punti percentuali in poche ore. Potrebbe non restare sola in questo tipo di azione.
Il mattone, in uno scenario che ad essere ottimisti è di crescita lenta, è poco convincente. Ed in ogni caso è sempre stato assai complesso, poco liquido e meno remunerativo di quanto la fama popolare lo stimi.
Non ci soffermiamo sulle cause della volatilità che colpisce ormai quasi tutte le classi di investimento. Volendo invece valutare i rimedi, è evidente il beneficio di una diversificazione vera, attuata non tanto per emittente o per tipologia di asset ma per sensibilità ai diversi scenari. Come è evidente il beneficio di una selezione tra i diversi titoli, sia nell’ambito azionario che in quello obbligazionario.
Risulterà vincente chi avrà le migliori informazioni e la maggiore agilità nel gestire i propri investimenti. L’unico investimento privo di rischio, oggi, è la conoscenza.