Dieci anni fa i fondi pensione di categoria hanno iniziato ad offrire ai lavoratori dipendenti una alternativa al TFR. La scelta offerta era – ed è – quella di conferire al fondo il trattamento di fine rapporto che si accantonerebbe in azienda, allo scopo di creare un montante da trasformare, una volta in pensione, in una pensione integrativa.
Abbandonare il meccanismo di rivalutazione del TFR tuttavia appariva poco allettante. Si applica infatti un coefficiente che offre un risultato in buona misura sicuro: un tasso fisso dello 1,50% sommato al 75% dell’inflazione. A fronte di questa mezza certezza, gli ipotizzabili rendimenti futuri dei fondi obbligazionari, azionari o misti – per quanto allettanti – apparivano assai meno garantiti.
Ecco allora che la normativa ha obbligato i fondi pensione di categoria ad offrire ai potenziali aderenti la scelta di almeno una linea di investimento caratterizzata da garanzie di rendimento.
Inizialmente le garanzie offerte dai diversi fondi di categoria erano per lo più costituite da un rendimento minimo o parametrate alla stessa rivalutazione del TFR. La difficoltà a restituire ai sottoscrittori rendimenti minimi in uno scenario di tassi calanti ha via via portato ad una sempre maggiore presenza di garanzie di tipo diverso, meno rigide, ad esempio la restituzione di quanto versato a condizione che la permanenza nel fondo fosse sufficientemente lunga.
Ed ecco la notizia: Fondosanità non offrirà più una linea a rendimento garantito. Il motivo è semplice e significativo ad un tempo: nonostante i vari tentativi, non ha trovato alcun gestore disposto a farsi carico, d’ora in poi, di una simile impresa.
I fondi pensione affidano infatti a società di gestione specializzate, esterne, le diverse linee di investimento che mettono a disposizione degli aderenti. Ebbene, nell’attuale quadro dei mercati, impegnarsi a dare un rendimento certo, seppure pari a zero, è considerato troppo ambizioso. L’autorità di vigilanza ha dovuto accettare il dato di fatto. È vero che nel caso specifico, quello di Fondosanità, il regolamento non prevedeva la destinazione tacita del TFR e si offriva così un escamotage legale. Ma poteva l’esito essere diverso in caso opposto? Si può forse precettare un gestore?
I prezzi delle obbligazioni, ad altissimi livelli da tempo, hanno registrato nelle ultime settimane un calo sensibile. Se il trend dovesse continuare – e non è inverosimile – i fondi obbligazionari potrebbero produrre per anni rendimenti negativi. Le azioni sono anch’esse reduci da anni di rialzi. Le valute sono uno strumento assai difficile da maneggiare, non certo adatto a pianificare rendimenti futuri. Lo stesso le materie prime. E così promettere rendimenti, seppur minimi, appare imprudente.
Il fenomeno non si registra soltanto nell’ambito dei fondi pensione. Le compagnie assicuratrici sono infatti sempre più restie ad offrire polizze del ramo primo, quello delle gestioni separate. Queste ultime sono caratterizzate dalla possibilità di contabilizzare i titoli acquistati a valore di carico e pertanto di prescindere dalle oscillazioni dei mercati. Hanno così sempre offerto rendimenti garantiti, un tempo pure elevati, oggi assai più ridotti ma pur sempre assicurati. Ma il conto, almeno alla scadenza dei titoli, deve pur tornare. E oggi rischia fortemente di non tornare più.
Nascono allora le formule miste, accanto ad una gestione separata si offrono uno o più fondi dal rendimento futuro ovviamente incerto. O più semplicemente, il prodotto di ramo primo viene chiuso alle sottoscrizioni.
Chi oggi si vede offerto un prodotto a rendimento garantito farà perciò bene a informarsi in modo approfondito, ricorrendo a un vero consulente privo di conflitti di interesse. Non che qualche anno fa informarsi non fosse opportuno. Oggi però “rendimento garantito” suona diverso pure agli operatori professionali. A buon intenditor …